DISCIPLINA DELL’UTILIZZO DEI LAVORATORI IMPEGNATI IN ATTIVITA’ SOCIALMENTE UTILI . “CARTA DEI DIRITTI E DOVERI” ANNO 2021

 

 

Regione Siciliana ASSESSORATO DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO ASSESSORE DOTT. ANTONIO SCAVONE

Dipartimento Regionale del Lavoro, dell’Impiego, dell’Orientamento, dei Servizi e delle Attività Formative Dirigente Generale Ing. Gaetano Sciacca

DISCIPLINA DELL’UTILIZZO DEI LAVORATORI IMPEGNATI IN ATTIVITÀ’ SOCIALMENTE UTILI ANNO 2021

Testo Pdf carta dei diritti e doveri Asu 2021

 

 

 

Sommario
1. NORMATIVA DI RIFERIMENTO
2. ORARIO DI LAVORO
3. SALUTE E SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO
4. PERIODO DI RIPOSO
5. ASSENZE PER MATERNITA’ E RIPOSI PER ALLATTAMENTO
6. CONGEDO PER MATRIMONIO
7. CONGEDO PER LUTTO
8. DECESSO O INABILITÀ PERMANENTE ED ASSOLUTA ASU
9. DONAZIONE DI SANGUE
10. PERMESSI PER STUDIO
11. PERMESSI PER ESAMI E CONCORSI
12. SOSPENSIONE PER MOTIVI DI STUDIO
13. SVOLGIMENTO DI ALTRE ATTIVITA’ COMPATIBILI CON L’ASSEGNO DI
UTILIZZO IN ATTIVITA’ SOCIALMENTE UTILI E CASI DI INCOMPATIBILITA’
14. SOSPENSIONE PER MOTIVI PERSONALI
15. SOSPENSIONE PER GRAVI E DOCUMENTATI MOTIVI PERSONALI O
FAMILIARI.
16. ASSENZE PER INFORTUNIO O MALATTIA PROFESSIONALE
17. PERMESSI BREVI PER MOTIVI PERSONALI
18. PERMESSI ORARI RETRIBUITI PER PARTICOLARI MOTIVI PERSONALI O
FAMILIARI
19. ASSENZE PER L’ESPLETAMENTO DI VISITE, TERAPIE, PRESTAZIONI
SPECIALISTICHE O ESAMI DIAGNOSTICI
20. PERMESSI PER LA PARTECIPAZIONE AD ASSEMBLEE SINDACALI
21. PERMESSI PER CARICHE SINDACALI
22. SCIOPERO
23. PERMESSI PER L’ESPLETAMENTO DI FUNZIONI PUBBLICHE ELETTIVE O
EQUIPARATE, DI GIUDICE POPOLARE, DI COMPONENTE DI SEGGIO
ELETTORALE O DI RAPPRESENTANTE DI LISTA
24. PERMESSI PREVISTI DALL’ART. 33 DELLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
25. PERMESSI RETRIBUITI PER L’IMPIEGO DEI VOLONTARI NELLE ATTIVITÀ’
DI PROTEZIONE CIVILE
26. PERMESSI AI SOGGETTI IN PARTICOLARI CONDIZIONI PSICO-FISICHE
27. DOVERI DEL SOGGETTO UTILIZZATO IN ATTIVITÀ’ SOCIALMENTE UTILI
28. SANZIONI DISCIPLINARI
29. PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
30. DECADENZA DALLE ATTIVITÀ’ SOCIALMENTE UTILI
31. ADEMPIMENTI DEI RESPONSABILI DEGLI UFFICI

 

1- NORMATIVA DI RIFERIMENTO
 Decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, recante “ Revisione della disciplina
sui lavori socialmente utili, a norma dell’art.22 della legge 24 giugno 1997, n.
196” , art. 8 “ Disciplina dell’utilizzo nelle attività” legge n.104/1992;
 L. r. n. 24/2000;
 Decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 recante “ Integrazioni e modifiche
della disciplina dei lavori socialmente utili a norma dell’art. 45,comma 2, della
legge 17 maggio 1999, n.144”;
 D. Lgs. n. 66/2003 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”;
 D. M. 21 luglio 2000, n. 278 “Regolamento recante disposizioni di attuazione
dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e
cause particolari”;
 Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernente il “Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”;
 Decreto legislativo n. 165 del 2001, art.1, comma 2;
 Circolare INPS 10 luglio 2003 n. 671;
 Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, “in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro”, integrato e corretto dal D. lgs 3 agosto 2009, n.
106.
 Decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 recante “ Disposizioni per il riordino
della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione
involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della
legge 10 dicembre 2014, n.183”, art. 7 “Condizionalità” e art. 11 “ Decadenza”;
 Art. 9 del decreto legislativo n. 22/2015 “Compatibilità con il rapporto di
lavoro subordinato” ;
 Art. 10 del decreto legislativo n. 22/2015 “Compatibilità con lo svolgimento di
attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale”;
 Decreto legislativo 19 settembre 2015 n. 150, recante “ Disposizioni per il
riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive ai
sensi dell’art.1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n.183.” art. 21
“ Rafforzamento dei meccanismi di condizionalità e livelli essenziali delle
prestazioni relative ai beneficiari di strumenti di sostegno al reddito “ , art. 34,
comma 1, lett. d);
 Decreto legislativo 19 settembre 2015 n. 150, art. 26, comma 1, art. 26, comma
12 “ Utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito “;
 MLPS-Circolare 23/12/2015 n. 34 “D. Lgs. n. 150/2015 recante “disposizioni
per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche
attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”
– prime indicazioni “;
 decreto legge n.154/2015, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre
2015, n. 189 “Disposizioni urgenti in materia economico-sociale” .
 D.R.F.P. Circolare PROT. n. 173448 del 23/12/2015 “Linee guida sugli istituti
normativi e contrattuali del rapporto di lavoro dei dipendenti
dell’Amministrazione Regionale”.
 ARAN- Gennaio 2017 – Raccolta sistematica delle disposizioni contrattuali
“Comparto Regioni ed Autonomie locali Personale non dirigente” ;
 Sentenza Corte di Cassazione n° 5226 del 16/03/2016 “Il sussidio per lavori
socialmente utili, spettante al soggetto utilizzato, è compatibile con lo
svolgimento e con la retribuzione di un’altra attività di lavoro subordinato a
tempo parziale, se la prestazione del servizio sia regolare”;
 Legge 20 maggio 1970, n. 300 contenente “norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori”.
 Legge n. 300/1970 art. 10 “Lavoratori studenti”;
 Legge Regionale 25 novembre 2002, n. 20, “interventi per l’attuazione del diritto
allo studio universitario in Sicilia”;
 Decreto Legislativo 29 marzo 2012, n. 68, riguardante la “revisione della
normativa di principio in materia di diritto allo studio”;
 D.R.F.P. Circolare PROT. n. 121916 del 30/09/2016 “Permessi per il diritto allo
studio – art. 49 C.C.R.L. del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana”;
 D.R.F.P. Circolare PROT. n. 99637 del 13/09/2017 “Permessi per il diritto allo
studio – art. 49 C.C.R.L. del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana”.
Pertanto, ai progetti di attività socialmente utili (ASU) già in corso all’entrata in
vigore del decreto legislativo n. 150/2015, che hanno avuto inizio prima della data di
adozione della convenzione quadro di cui al comma 2, dello stesso art. 26, si applica la
disciplina prevista dal decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 ed in materia di
utilizzazione e trattamento economico dei lavoratori il disposto degli articoli 7 e 8 del
decreto legislativo n. 468/1997.
Malgrado, infatti il decreto legislativo n. 468/1997 sia stato abrogato dall’art. 34,
comma 1, lett. d) del D. Lgs 150/2015, il citato articolo 8 rimane vigente per espressa
previsione dell’art. 26, comma 12 del D. Lgs 150/2015 (come modificato dall’art.1 bis,
comma 1 del D.L. 154/2015) soltanto per i progetti di attività socialmente utili che
“hanno avuto inizio prima della data di adozione della convenzione quadro di cui al
comma 2 “del medesimo articolo 26 e cioè della data della Convenzione – quadro
dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).
DEFINIZIONE: L’art. 26, comma 1, del decreto legislativo n.150/2015 utilizza
la definizione che segue per le attività o lavori socialmente utili (LSU) finalizzate “Allo
scopo di permettere il mantenimento e lo sviluppo delle competenze acquisite, i
lavoratori che fruiscono di strumenti di sostegno del reddito in costanza di rapporto di
lavoro nonché i lavoratori sottoposti a procedure di mobilità possono essere chiamati
a svolgere attività a fini di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di
appartenenza, sotto la direzione e il coordinamento di amministrazioni pubbliche di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive
modificazioni, nel territorio del comune ove siano residenti.”
L’utilizzazione dei lavoratori nelle attività socialmente utili non determina
l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione
dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità, secondo la definizione contenuta
nell’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468.
Parimenti il terzo comma dell’art. 26 del decreto legislativo n. 150/2015 sancisce
che “L’utilizzazione dei lavoratori nelle attività di cui al comma 1 non determina
l’instaurazione di un rapporto di lavoro e deve avvenire in modo da non incidere sul
corretto svolgimento del rapporto di lavoro in corso”.
Nonostante ai soggetti utilizzati viene espressamente sancita la non applicabilità
degli istituti relativi al rapporto di lavoro subordinato, in coerenza con i principi
costituzionali, le norme prevedono l’applicabilità di alcuni istituti, nei limiti e nei
termini di seguito descritti.
Conseguentemente, in relazione a detti principi, il comma 9 dell’art. 26 del D.
Lgs. n. 150/2015 ha previsto che le attività socialmente utili vadano organizzate in
modo che i soggetti utilizzati possano godere di un adeguato periodo di riposo entro i
termini di durata dell’impegno. Durante i periodi di riposo viene comunque corrisposto
l’assegno.
Il comma 10, dello stesso articolo regola poi le eventuali assenze. Ne consegue
che:
i soggetti utilizzatori stabiliscono tra le condizioni di utilizzo il periodo massimo di
assenze per malattia compatibile con il buon andamento del progetto;
le assenze dovute a motivi personali, anche se giustificate, comportano la sospensione
dell’assegno;
è facoltà del soggetto utilizzatore concordare l’eventuale recupero delle ore non prestate,
in questo caso l’assegno non viene sospeso;
in caso di assenze protratte e ripetute nel tempo che compromettano i risultati del
progetto il soggetto utilizzatore può richiedere la sostituzione del lavoratore;
in caso di assenze per infortunio o malattia professionale, al lavoratore viene corrisposto
l’assegno per i giorni non coperti dall’indennità INAIL e viene riconosciuto il diritto a
partecipare alle attività progettuali terminato il periodo di inabilità;
le assenze per malattia, opportunamente documentate, non comportano la sospensione
dell’assegno previsto per i lavoratori disoccupati con più di 60 anni di cui all’art. 26,
comma 5, del D. Lgs. n.150/2015.
Qualora per lo svolgimento di un’attività socialmente utile siano necessarie
peculiari abilitazioni, o patentini, o iscrizioni in appositi registri (ad es. autista, portiere
custode), la verifica dei requisiti è di esclusiva competenza dei Responsabili degli Enti
ove i soggetti in ASU vengono utilizzati.

2 – ORARIO DI LAVORO
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili deve essere impiegato per un
orario settimanale non inferiore a 20 ore e per non più di otto ore giornaliere, alle
quali possono aggiungersi eventuali ore di integrazione autorizzate dall’Ente di
appartenenza.
L’importo integrativo è a carico del soggetto utilizzatore.
L’orario di lavoro può essere diversamente articolato sulla scorta delle mutevoli
esigenze dell’Ente utilizzatore; ogni qualvolta superi le sei ore giornaliere deve trovare
applicazione l’art. 8 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 recante “Attuazione
delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione
dell’orario di lavoro”. Si richiama al riguardo quanto ha già formato oggetto di
precedente direttiva dell’Assessorato del Lavoro, (in particolare, circolare assessoriale
n. 14 del 9 giugno 2000, pubblicata nella G.U.R.S. n. 31 del 30 giugno 2000), ai fini
del corretto esercizio della potestà organizzativa dell’Ente nonché per l’applicazione di
particolari istituti dovranno essere adempiute le procedure ivi previste:
“Ai lavoratori l’ente utilizzatore dovrà comunicare la durata e la collocazione
temporale della prestazione.
L’ente utilizzatore può variare la collocazione temporale della prestazione,
dandone comunicazione al lavoratore almeno 10 giorni prima. Il lavoratore può
rifiutare la variazione temporale della prestazione soltanto in presenza di documentate
e particolari situazioni familiari, sanitarie e/o per svolgere altri lavori”.
Soltanto per sopravvenute esigenze di lavoro connesse all’attività istituzionale
dell’Ente utilizzatore il soggetto utilizzato potrà effettuare ore A.S.U. in eccedenza,
previa autorizzazione del Responsabile dell’ufficio cui lo stesso è assegnato e sempre
nel rispetto del tetto massimo di otto ore giornaliere.
Nel caso in cui si siano effettuate ore in eccedenza (sia con riferimento alla
settimana che al mese), il soggetto utilizzato in attività socialmente utili potrà godere
entro il mese successivo di un pari numero di ore di riposo compensativo oppure
secondo le esigenze dell’Ente utilizzatore previa programmazione stagionale.
Determinata l’articolazione dell’orario di servizio, ove l’impegno ricada in un
giorno festivo infrasettimanale, il soggetto utilizzato in attività socialmente utili ha
diritto all’astensione dalle attività socialmente utili ed all’erogazione dell’assegno di
utilizzo, ma non compete l’eventuale trattamento integrativo che deve essere corrisposto
esclusivamente per le giornate di effettiva presenza.
La circolare assessoriale n. 312/98, chiarisce i casi in cui una festività (Natale,
Capodanno, 25 aprile, 1° maggio, Ferragosto, ecc.) ricada in un giorno in cui sia prevista
l’attività socialmente utile, in favore del lavoratore sussiste il diritto all’astensione dalle
attività oltre che all’erogazione dell’assegno, mentre non compete l’eventuale
trattamento integrativo.
Se l’orario di lavoro giornaliero eccede le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad una
pausa per recuperare le energie psico-fisiche e per consumare il pasto.
Le modalità di fruizione e la durata di tali pause possono essere determinate
secondo le previsioni dei contratti collettivi dei dipendenti a cui il personale ASU svolge
l’attività di supporto; in mancanza, al lavoratore deve comunque essere concessa una
pausa da fruirsi tra l’inizio e la fine del periodo giornaliero di lavoro e della durata non
inferiore a trenta minuti; la collocazione di questa pausa deve tener conto delle esigenze
dell’Ente utilizzatore.
In ogni caso, queste pause non sono retribuite, né possono essere considerate
come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata sopra indicati ( D. Lgs 66/2003).
I soggetti utilizzati in attività socialmente utili, invece, possono essere impegnati
eventualmente anche nei giorni di domenica, e per non più di otto ore. Tuttavia, posto
che la prestazione resa in giorno domenicale presenta caratteristiche di maggior disagio,
e non è prevista alcuna indennità, il loro utilizzo non dovrà superare una domenica al
mese.
Nel caso di impegno per un orario superiore, entro il limite del normale orario
settimanale (20 ore), ai lavoratori compete un importo integrativo corrispondente alla
retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute
previdenziali ed assistenziali previste per i dipendenti che svolgono attività analoghe
presso il soggetto utilizzatore (art. 8, comma 3, decreto legislativo n. 468/1997).
I soggetti utilizzati, essendo tenuti al rispetto dell’orario di servizio, devono
comunicare telefonicamente all’Ufficio, o email, ove prestano servizio eventuali ritardi
dovuti a motivi eccezionali o di forza maggiore. I ritardi devono essere recuperati entro
e non oltre il mese successivo a quello in cui si verificano.
In caso contrario, si procederà alla relativa riduzione dell’assegno di utilizzo.
Il procedimento disciplinare viene avviato nei confronti dei soggetti che si
assentino ingiustificatamente dal servizio anche per un solo giorno, nonché nei
confronti dei soggetti assenti dal posto di lavoro al momento di eventuali controlli
effettuati dall’Ente utilizzatore. L’avvio del procedimento disciplinare è di competenza
dell’Ente utilizzatore.
Le assenze non giustificate devono essere comunicate dagli Enti Utilizzatori al
Centro per l’Impiego competente per territorio e al Servizio I del Dipartimento
Regionale Lavoro.
Le assenze per malattia, purché documentate, non comportano la sospensione
dell’assegno per lo svolgimento di attività socialmente utili.
Al fine di dare compiuta attuazione a quanto disposto nell’undicesimo comma
dell’art. 8 del decreto legislativo. n. 468/97, gli Enti utilizzatori debbono stabilire, tra le
condizioni di utilizzo, il periodo massimo di assenze per malattia compatibili con il
buon andamento delle attività socialmente utili.
Gli Enti potranno riferirsi, a titolo orientativo, al proprio contratto collettivo di
lavoro. Questo limite deve essere concordato con le parti sociali e comunicato ai
lavoratori.
Il Dipartimento Regionale Lavoro eroga mensilmente l’assegno per lo
svolgimento di attività socialmente utile che viene calcolato in trentesimi; nel computo
dei giorni di assenza per malattia vanno considerati anche i giorni festivi o non
lavorativi (quali il sabato), nonché i giorni in cui il lavoratore – in base al proprio orario
di servizio – non presti la propria attività.
Sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia i giorni di ricovero
ospedaliero o di day-hospital, i giorni di assenza dovuti a terapie salvavita ed altre
assimilabili, quali l’emodialisi, la chemioterapia, il trattamento riabilitativo per i
soggetti affetti da A.I.D.S., debitamente certificati dalla competente A.S.P. o struttura
con essa convenzionata. In tali giornate il soggetto utilizzato in attività socialmente utili
ha diritto a percepire l’assegno.
Qualora un soggetto utilizzato in attività socialmente utili che abbia superato il
periodo massimo di malattia retribuito nel corso dello stesso anno solare, continui ad
assentarsi per malattia senza soluzione di continuità, al fine della permanenza negli
elenchi delle attività socialmente utili, dovrà presentare istanza di “sospensione per
malattia”, allegando idonea documentazione rilasciata dalla competente A.S.P. da cui
risulti che trattasi di malattia tale da comportare un’inabilità temporanea al lavoro.
L’autorizzazione alla sospensione, per i motivi sopra citati, non dà diritto a
percepire l’assegno di utilizzo.
L’assenza per malattia deve essere comunicata all’Ente utilizzatore all’inizio
dell’orario di lavoro del giorno in cui si verifica. Negli stessi termini, deve essere
comunicata l’eventuale prosecuzione dell’assenza.
Il medico curante è tenuto a recapitare all’INPS telematicamente il certificato
dell’assistito con le modalità e le procedure di cui alla legge n. 183 del 4 novembre
2010 art. 25; il certificato medico di giustificazione dell’assenza va presentato entro i
due giorni successivi all’inizio della malattia o all’eventuale prosecuzione della stessa.
Se il giorno di scadenza del termine è festivo, la scadenza è prorogata al primo giorno
seguente non festivo (INPS circ. 28.1.1981, n.134368).
L’Ente di appartenenza può disporre il controllo della malattia attraverso la
competente A.S.P. Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili che durante
l’assenza dimori in luogo diverso da quello di residenza o domicilio, deve darne
tempestiva comunicazione, precisando l’indirizzo dove può essere reperito.

3 – SALUTE E SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO
Anche per i lavoratori impiegati in ASU vanno rispettate tutte le norme in materia
di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (formazione,
addestramento, visite mediche di idoneità, misure di prevenzione e di protezione,
dispositivi di protezione individuale e quant’altro prescritto dal D. Lgs 81/2008,
integrato e corretto dal D. Lgs 106/2009 e s.m.i.).
L’Ente utilizzatore che gestisce direttamente il personale ASU, soggiace a tutti gli
obblighi e adempimenti di Legge in materia di sicurezza ( D. Lgs 81/08 e s.m.i.).

4 – PERIODO DI RIPOSO
Le attività di lavori socialmente utili devono essere organizzate in modo che i
soggetti utilizzati possano godere di un adeguato periodo di riposo durante il quale viene
corrisposto l’assegno (art. 8, comma 10, decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468).
Ai soggetti utilizzati in attività socialmente utili si applicano le fondamentali
garanzie previste nella carta costituzionale. Fra queste rientra anche il diritto alle ferie.
Su tale materia è vigente il decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66, recante
“Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti
dell’organizzazione dell’orario di lavoro”.
Le disposizioni contenute nel predetto decreto, nel dare attuazione organica alla
direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, così come modificata dalla
direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono
dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e nel pieno
rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto
di lavoro connessi alla organizzazione dell’orario di lavoro. Le disposizioni contenute
nel decreto, si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con talune specifiche
eccezioni analiticamente indicate nell’art. 2.
L’art. 10 prevede che: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del
Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite
non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire
condizioni di miglior favore.
Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla
relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di
lavoro.” I soggetti LSU/ASU godono dello stesso numero di giorni e ore di ferie dei
lavoratori dell’Ente.
Per un soggetto che lavora 20 ore settimanali il calcolo delle ferie è lo stesso che
l’amministrazione utilizza per un normale dipendente part-time a 20 ore.
Se le ferie vengono calcolate a ore: il lavoratore deve coprire con le ferie solo le
ore dei turni normalmente svolti nella settimana.
Se le ferie vengono calcolate – correttamente – a giorni: il lavoratore ha diritto
agli stessi giorni di ferie del dipendente ma dovrà coprire tutti i giorni lavorativi
dell’ente (es. dal lunedì al venerdì – quindi spende 5 giorni di ferie – anche se
normalmente lavora solo dal lunedì al giovedì), questo considerando che con un orario
settimanale di 20 ore su 5 giorni ogni giornata di ferie deve essere considerata di sole 4
ore.
A tale periodo vanno aggiunte 4 giornate di riposo in sostituzione delle festività
soppresse.
Il periodo di riposo è sospeso unicamente da malattie adeguatamente e
debitamente documentate che si siano protratte per più di tre giorni o abbiano dato luogo
a ricovero ospedaliero anche di un solo giorno.

5 – ASSENZE PER MATERNITÀ’  E RIPOSI PER ALLATTAMENTO
A seguito dell’abrogazione dell’art. 8, comma 15 del d. lgs. n. 468/97 per effetto
dell’art. 86 del d. lgs. 26 marzo 2001, n. 151, la materia oggi è regolata dal citato decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante “Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15
della legge 8 marzo 2000, n. 53” e successive modificazioni e integrazioni.
L’art. 2 del T.U. n.151/2001 reca le “ definizioni” che seguono :
per «congedo di maternità» si intende l’astensione obbligatoria dal lavoro della
lavoratrice;
per «congedo di paternità» si intende l’astensione dal lavoro del lavoratore,
fruito in alternativa al congedo di maternità;
per «congedo parentale» si intende l’astensione facoltativa della lavoratrice o
del lavoratore;
per «congedo per la malattia del figlio» si intende l’astensione facoltativa dal
lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa;”
Trovano applicazione nei confronti delle lavoratrici utilizzate in A.S.U. le disposizioni contenute
nell’art. 14 del T.U. “ Controlli prenatali ”che sancisce : 10 Le lavoratrici gestanti hanno diritto a
permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche
specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1, le lavoratrici presentano al
datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa
documentazione giustificativa attestante la data e l’orario di effettuazione degli esami.
A tal proposito, si richiama il Decreto Ministeriale 12 luglio 2007 recante
“ Applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle
lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8
agosto 1995, n. 335.”
L’art. 65 del citato Testo Unico, conferma il diritto al congedo per maternità e
paternità in capo ai soggetti impegnati in attività socialmente utili, infatti recita :
“ 1. Le lavoratrici e i lavoratori di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997,
n. 468, e successive modificazioni, impegnati in attività socialmente utili hanno diritto
al congedo di maternità e di paternità. Alle lavoratrici si applica altresì la disciplina
di cui all’art. 17 del presente Testo Unico.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1, che non possono vantare una
precedente copertura assicurativa ai sensi dell’articolo 24, per i periodi di congedo di
maternità e di paternità, viene corrisposta dal l’INPS un’indennità pari all’80 per cento
dell’importo dell’assegno previsto dall’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo
primo dicembre 1997, numero 468. I conseguenti oneri sono rimborsati, annualmente,
tramite rendiconto dell’INPS, a carico del fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1,
comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, numero 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, numero 236, o del soggetto finanziatore dell’attività
socialmente utile.
Alle lavoratrici e ai lavoratori viene riconosciuto il diritto a partecipare alle
medesime attività socialmente utili ancora in corso o prorogate al termine del periodo
di congedo di maternità e di paternità.
Alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati a tempo pieno in lavori socialmente
utili sono riconosciuti, senza riduzione dell’assegno, i riposi di cui agli articoli 39 e 40.
L’assegno è erogato anche per i permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, anche ai sensi di quanto previsto all’articolo 42, commi
2, 3 e 6, del presente testo unico.”
Dalla interpretazione letterale dell’art. 65 del T.U., consegue che sono esclusi i
congedi parentali (capo V del T.U.) ed i congedi per la malattia del figlio (capo VII).
Il quarto comma del citato art. 65 riconosce due periodi di riposo di cui all’art.
39 del medesimo testo unico alle lavoratrici ed ai lavoratori durante il primo anno di
vita del bambino, anche cumulabili durante la giornata purchè impegnati a tempo pieno .
Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un’ora ciascuno e sono
considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi
comportano il diritto ad uscire dall’azienda.
Ove il soggetto fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore
di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa, i periodi di riposo
sono di mezz’ora ciascuno .
I soggetti utilizzati in attività socialmente utili svolgono una attività articolata su
venti ore settimanali, dunque manca la condizione del “ tempo Pieno “ previsto dalla
norma.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la nota n. 617 del 14 marzo
2003, ha precisato che per “tempo pieno” dell’attività deve intendersi un lavoro
settimanale superiore alle 20 ore, ai sensi dell’art. 8, commi 1 e 2, del D. Lgs. 468/97
ed ha altresì precisato che in caso di attività socialmente utile prestata per un numero
inferiore o pari a 20 ore settimanali, i riposi vanno comunque concessi dall’ente
utilizzatore, senza che ciò comporti il diritto alla corresponsione dell’assegno, per le
ore non prestate, salvo nel caso in cui venga concordato (ed eseguito) il recupero delle
stesse ore non prestate.
Pertanto, nell’ipotesi in cui il recupero delle ore di lavoro non prestate non sia
stato preventivamente concordato, le lavoratrici ed i lavoratori impegnati non a tempo
pieno, che intendano fruire dei riposi giornalieri di cui agli artt. 39 e 40 del D. Lgs.
151/2001, alle condizioni ivi previste, devono presentare la domanda, oltre che, come
di norma, al soggetto utilizzatore, anche all’INPS.”
La lavoratrice madre che fruisce dei periodi di riposo per allattamento, è tenuta
ad effettuare entro il mese di riferimento tutte le ore di integrazione relative ai giorni in
cui è effettivamente presente. Qualora la stessa non ottemperi, l’Ufficio di appartenenza
procederà alla proporzionale riduzione dei permessi.
Alle lavoratrici impegnate per sole 20 ore settimanali, i periodi di riposo per
allattamento possono essere riconosciuti esclusivamente nella misura di un’ora per
ciascuna giornata in cui le stesse prestano la propria attività in base all’orario di servizio
predisposto dall’Ufficio di appartenenza, a prescindere dal numero delle ore lavorative
giornaliere.
La lavoratrice madre ha diritto a fruire dei periodi di riposo per allattamento
anche durante il periodo di congedo parentale del padre.
Non è invece possibile che il padre utilizzi i riposi per allattamento durante il
congedo di maternità (e/o parentale) della madre, come pure nei casi in cui la madre
non si avvale dei riposi in quanto assente dal lavoro per cause che determinano una
sospensione del rapporto di lavoro (come nel caso di aspettative o permessi non
retribuiti).
Nel caso di parto plurimo (art. 41 T.U.), il periodo di riposo per allattamento è
raddoppiato e le ore aggiuntive possono essere utilizzate dal padre anche durante il
congedo di maternità parentale della madre lavoratrice.
Gli artt. 16, 16bis e 17 del Citato Testo Unico regolano il congedo per maternità
Alle lavoratrici è riconosciuto il periodo di astensione obbligatoria per maternità
previsto dalla legge, durante il quale viene loro corrisposta un’indennità pari all’80%
dell’importo dell’assegno.
In ogni caso, prima dell’inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all’articolo
16, lettera a), del T.U., le lavoratrici devono consegnare all’Ufficio presso il quale
prestano servizio e all’I.N.P.S. il certificato medico indicante la data presunta del parto.
La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
Qualora il parto avvenga prima della data presunta, i giorni di astensione
obbligatoria non goduti prima del parto, vengono aggiunti al periodo di astensione
obbligatoria di cui la lavoratrice godrà dopo il parto.
La lavoratrice è tenuta a presentare entro 30 giorni dalla nascita il certificato di
nascita del bambino, potendosi avvalere, a tal fine, anche dell’autocertificazione (art.
21 T.U.). Il termine in questione è da ritenere di carattere ordinatorio, non essendone
stata prevista la perentorietà, né l’applicazione di sanzioni in caso di sua inosservanza.
Consegue che il mancato rispetto del termine non fa venir meno il diritto alla
prestazione di maternità.
Durante il periodo di astensione obbligatoria e/o interdizione anticipata dal
lavoro, continuano a maturare i giorni di riposo e di malattia.
Le ore di integrazione relative ai giorni di assenza giustificata (malattia, riposo,
etc.) possono essere recuperate dalla lavoratrice entro il mese successivo.
Se la madre è lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta
o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista), il padre può
fruire dei riposi dal giorno successivo a quello finale del periodo di trattamento
economico spettante alla madre dopo il parto e sempre che la madre (qualora si tratti di
artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola) non abbia
chiesto di fruire ininterrottamente, dopo il suddetto periodo, del congedo parentale,
durante il quale è precluso al padre il godimento dei riposi giornalieri.
Se la madre non è lavoratrice, il padre lavoratore non ha diritto ai riposi
giornalieri per allattamento. Non ha diritto come pure se la madre è una lavoratrice
autonoma, neanche alle ore che il citato art.41 T.U. riconosce al padre, in caso di parto
plurimo, come aggiuntive rispetto alle ore previste dall’art. 39 (vale a dire quelle fruibili
dalla madre), per l’evidente impossibilità di aggiungere ore quando la madre non ha
diritto ai riposi giornalieri.
Il diritto del padre ai riposi in questione, infatti, continua ad essere derivato da
quello della madre, a differenza del diritto del padre al congedo parentale che, in virtù
delle più recenti disposizioni di legge, ha acquistato una propria autonomia e
indipendenza rispetto alla sussistenza o meno del diritto della madre.

6 – CONGEDO PER MATRIMONIO
Al soggetto utilizzato in attività socialmente utili, è concesso, in occasione del
matrimonio, un periodo di permesso retribuito, senza decurtazione alcuna dal periodo
feriale, di quindici giorni di calendario, con decorrenza dal giorno del matrimonio.
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili è tenuto a comunicare all’Ufficio
di appartenenza la data del matrimonio.
7 – CONGEDO PER LUTTO
In caso di decesso del coniuge, di parenti entro il secondo grado o affini entro il
primo grado, o di altre persone conviventi risultanti tali dallo stato di famiglia, il
soggetto utilizzato in attività socialmente utili può usufruire di un permesso retribuito
fino a un massimo di tre giorni consecutivi per evento, da fruirsi entro sette giorni dal
decesso, opportunamente documentato all’Ufficio di appartenenza anche mediante
autocertificazione.
8 – DECESSO O INABILITÀ PERMANENTE ED ASSOLUTA ASU
In caso d’inabilità assoluta e permanente che non consenta più al lavoratore la
prosecuzione nelle attività socialmente utili, la Regione riconosce l’incentivo di cui
all’articolo 4 comma 2 della L. r. n. 27/2016 e s.m.i., previsto per la fuoriuscita
volontaria dal bacino regionale dei soggetti di cui all’art. 30 comma 1 della L. r. n.
5/2014.
Il medesimo incentivo viene riconosciuto in caso di decesso agli eredi se l’istanza
era stata inoltrata, dal lavoratore ASU, nei termini previsti dalle richiamate normative
regionali.
9 – DONAZIONE DI SANGUE
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili ha diritto ad essere lasciato libero
dalle attività nelle ventiquattro ore successive dal momento in cui effettua la donazione
del sangue (rif. legge 13 luglio 1967, n. 584 e successive modificazioni sul
“Riconoscimento del diritto a una giornata di riposo dal lavoro al donatore di sangue
dopo il salasso per trasfusione e alla corresponsione della retribuzione”).
Lo stesso deve produrre all’Ufficio di appartenenza il certificato attestante
l’avvenuta donazione. Per tale periodo al lavoratore compete l’assegno.
10 – PERMESSI PER STUDIO
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili, che frequenti corsi finalizzati al
conseguimento di titoli di studio, corsi universitari e post-universitari, scuole di
istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali o legalmente
riconosciuti, può usufruire nel corso dell’anno solare di 150 ore di permesso retribuito
a valere sulle “ore da assegno A.S.U. (ex ore da progetto)”,
Tali permessi sono autorizzati dall’Ufficio di appartenenza, previa presentazione
da parte dell’interessato dell’istanza e del certificato di iscrizione, con facoltà di
avvalersi dell’istituto dell’autocertificazione, fermi restando i controlli obbligatori da
parte dell’Ufficio in ordine alla veridicità di quanto dichiarato.
Alla conclusione di ogni anno scolastico, e per gli studenti universitari dopo ogni
esame, il soggetto utilizzato in attività socialmente utili deve presentare il certificato di
frequenza e quello relativo agli esami sostenuti.
11 – PERMESSI PER ESAMI E CONCORSI
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili può usufruire nel corso dell’anno
solare di 8 giorni di permesso per sostenere esami o partecipare a concorsi pubblici. Il
permesso è limitato ai soli giorni di svolgimento delle prove e deve essere recuperato.
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili è tenuto a produrre all’ufficio di
appartenenza l’attestazione da cui risulti che ha sostenuto la prova d’esame, con facoltà
di avvalersi dell’istituto dell’autocertificazione.
12 – SOSPENSIONE PER MOTIVI DI STUDIO
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili, per motivi di studio debitamente
documentati, può chiedere un periodo di sospensione dall’attività lavorativa e
dall’assegno. La durata complessiva di tale periodo, ferma restando la discrezionalità
dell’Amministrazione di appartenenza in ordine alla concessione della sospensione, non
può superare i tre mesi (anche non continuativi) nell’arco dell’anno solare.
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili, durante il periodo di
sospensione, non ha diritto all’assegno e non può successivamente recuperare né le ore
di attività socialmente utile né le ore integrative. La sospensione per motivi di studio
può essere cumulata nello stesso anno solare con la sospensione per motivi di lavoro.
L’istanza, corredata della documentazione comprovante la sussistenza dei motivi
per cui la sospensione viene richiesta (con facoltà di avvalersi dell’istituto
dell’autocertificazione) deve essere inoltrata all’Ufficio di appartenenza; il soggetto
utilizzato in attività socialmente utili non può assentarsi dal servizio prima di avere
ricevuto la comunicazione che il periodo di sospensione è stato autorizzato.
Sarà cura dell’Ente di appartenenza effettuare, contestualmente al rilascio
dell’autorizzazione, le dovute comunicazioni al Servizio competente del Dipartimento
Lavoro per la sospensione dell’assegno: la stessa è onerata di ridurre proporzionalmente
i periodi di malattia e di riposo spettanti al soggetto utilizzato in attività socialmente
utili, nonché di comunicare l’effettivo rientro in servizio dello stesso.
13- SVOLGIMENTO DI ALTRE ATTIVITA’ COMPATIBILI CON L’ASSEGNO DI UTILIZZO IN ATTIVITA’ SOCIALMENTE UTILI E CASI DI INCOMPATIBILITA’.
L’assegno per i lavori socialmente utili è cumulabile con i redditi da lavoro
relativi ad attività autonoma di carattere occasionale, iniziate successivamente all’avvio
del progetto, ed è compatibile con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato a
tempo parziale iniziato successivamente allo svolgimento del progetto.
Ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo n.150/2015 lo stato di disoccupazione
è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a 6 mesi.
Il Ministero del Lavoro attraverso la circolare 34 del 2015 ricorda inoltre,
richiamando gli artt. 9 e 10 del decreto legislativo n. 22/2015, le condizioni di “ non
occupazione” riferita a chi non svolge attività lavorativa, in forma subordinata,
parasubordinata o autonoma. Ma è riferibile anche a coloro che pur svolgendo
un’attività lavorativa, ne ricavano un reddito minimo annuo inferiore al reddito minimo
escluso da imposizione fiscale:
per il lavoro subordinato, parasubordinato €. 8.000,00 di reddito annuo lordo;
per il lavoro autonomo (anche autonomo occasionale) €. 4.800,00 di reddito annuo
lordo.
Queste condizioni sono quindi compatibili con lo stato di disoccupazione e
consentono di mantenerlo.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 5226 del 16/03/2016 afferma che il lavoratore
socialmente utile può anche espletare attività lavorativa con contratto di lavoro a tempo
indeterminato part-time, fermo restando la necessaria compatibilità dell’orario di lavoro
tra le distinte attività e il non superamento dei limiti di reddito già esplicitate.
Nel caso si verifichi la condizione che il lavoratore svolga un’attività di lavoro
subordinato a tempo determinato con contratto a tempo pieno è facoltà dell’ufficio di
appartenenza, compatibilmente con le esigenze delle attività socialmente utili,
concedere al soggetto interessato un periodo di sospensione dall’utilizzazione in attività
socialmente utili.
Il periodo di sospensione può essere concesso se sussistono le condizioni di
compatibilità economica già in precedenza detto ed esplicitato nella circolare 34 del
2015 del Ministero del Lavoro.
Il lavoratore durante il periodo di sospensione non ha diritto all’assegno e non potrà
successivamente recuperare né le ore “A.S.U.”, né le ore “di integrazione”.
La sospensione per motivi di lavoro non può essere cumulata nello stesso anno
solare con altro tipo di sospensione.
L’assegno per le attività socialmente utili è incompatibile con i trattamenti
pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi,
esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei
lavoratori autonomi e con i trattamenti di pensionamento anticipato.
Sono invece cumulabili con l’assegno per le attività socialmente utili, gli assegni e
le pensioni di invalidità civile nonché le pensioni privilegiate per infermità contratte a
causa del servizio obbligatorio di leva.
Per l’autorizzazione della sospensione per motivi di lavoro, il richiedente deve
presentare all’Ente di appartenenza, con congruo anticipo, apposita istanza, alla quale
deve essere allegata – a pena di improcedibilità della stessa – la documentazione
comprovante l’attività che dovrà effettuare, con facoltà di avvalersi dell’istituto
dell’autocertificazione.
In tal caso all’istanza deve essere allegata apposita dichiarazione sostitutiva redatta
secondo lo schema di seguito riportato, recante in calce la sottoscrizione non autenticata
e la copia fotostatica di un documento di identità in corso di validità:
“II sottoscritto______________, consapevole delle sanzioni penali previste
dall’art. 26 della L. n. 15/68 e richiamate dall’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000
per le ipotesi di dichiarazioni mendaci, falsità negli atti ed uso di atti falsi,
nonché della sanzione della decadenza dagli elenchi delle attività L.S.U.
obbligatoriamente applicabile nei suoi confronti da parte di codesto Ente,
dichiara, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, che il periodo di
sospensione per motivi di lavoro è richiesto in quanto”.
Nella dichiarazione sostitutiva deve essere indicato il datore di lavoro e
l’indirizzo dello stesso, per i successivi controlli da effettuarsi a cura dell’Ente.
Il soggetto richiedente non può assentarsi dal servizio prima di avere ricevuto
dall’Ente di appartenenza l’autorizzazione.
In caso contrario sarà considerato assente ingiustificato.
Sarà cura dell’Ente utilizzatore effettuare, contestualmente al rilascio
dell’autorizzazione, le dovute comunicazioni al Servizio competente del Dipartimento
Lavoro e al Centro per l’Impiego di appartenenza, nonché verificare successivamente il
contenuto delle dichiarazioni sostitutive, procedendo – in caso di accertata mendacità –
alle dovute segnalazioni di reato alle autorità competenti.
L’Ente di appartenenza è onerato di ridurre proporzionalmente i periodi di
malattia e di riposo spettanti al soggetto utilizzato in attività socialmente utile e di
qualunque altro istituto allo stesso applicabile proporzionalmente all’attività svolta,
nonché di comunicare al Servizio competente del Dipartimento Lavoro e al Centro per
l’Impiego di appartenenza, l’effettivo rientro in servizio del medesimo.
Si precisa che nei casi eccezionali (quali ad es. conferimento di supplenze
scolastiche) in cui il lavoratore non possa presentare con congruo anticipo l’istanza di
sospensione, l’Ente di appartenenza valuterà i tempi di presentazione dell’istanza di
sospensione secondo principi di equità e ragionevolezza.
14 – SOSPENSIONE PER MOTIVI PERSONALI
Possono essere autorizzate assenze per motivi personali in tutti i casi in cui ai
dipendenti degli Enti utilizzatori siano riconosciuti permessi per gli stessi motivi,
retribuiti e non.
È facoltà del lavoratore chiedere la sospensione per motivi personali senza
assegno di utilizzo per i periodi di assenza o con recupero delle ore non lavorate entro
l’arco temporale fissato da ciascun Ente.
La relativa istanza deve essere presentata con congruo anticipo.
L’autorizzazione della sospensione per motivi personali è di esclusiva
competenza dell’Ente utilizzatore.
Il soggetto richiedente non può assentarsi dal servizio prima che la sospensione
sia stata autorizzata.
In caso contrario, sarà considerato assente ingiustificato.
Le sospensioni per motivi personali non possono complessivamente superare
giorni trenta nell’arco dell’anno anche non continuativi e non sono cumulabili con altro
tipo di sospensione.
Le assenze dovute a motivi personali richieste senza assegno devono essere
comunicate, contestualmente al rilascio dell’autorizzazione, al Servizio
competente del Dipartimento Lavoro e al Centro per l’Impiego di appartenenza.
15 – SOSPENSIONE PER GRAVI E DOCUMENTATI MOTIVI PERSONALI O FAMILIARI.
E’ facoltà dell’Amministrazione, compatibilmente con le esigenze delle attività
socialmente utili, concedere al soggetto utilizzato in attività socialmente utile un
periodo di sospensione dall’utilizzazione in attività socialmente utili in presenza di gravi
e documentati motivi personali o familiari.
Tale periodo di sospensione non può superare complessivamente i 12 mesi, anche
non continuativi, sino alla data di “stabilizzazione” (o comunque di fuoriuscita dal
precariato).
Il soggetto, durante il periodo di sospensione, non ha diritto all’assegno e non
può successivamente recuperare né le ore “A.S.U.”, né le ore “d’integrazione”.
Per l’autorizzazione della sospensione per gravi motivi personali o familiari, il
soggetto deve presentare all’Ente di appartenenza, con congruo anticipo, apposita
istanza, alla quale deve essere allegata – a pena di improcedibilità della stessa – la
documentazione comprovante fatti oggettivamente e analiticamente documentabili
accertati attraverso documentazioni e certificazioni provenienti da Enti e/o organismi
pubblici o a questi ultimi assimilati ai sensi di legge.
Sarà cura dell’Ente di appartenenza autorizzare il richiedente.
Il soggetto non può assentarsi dal servizio prima di avere ricevuto dall’Ente di
appartenenza la relativa autorizzazione fatti salvi i casi di estrema urgenza,
relativamente ai quali il lavoratore potrà essere autorizzato provvisoriamente
dall’Ufficio di appartenenza.
In ogni caso sarà considerato assente ingiustificato il soggetto che si assenti prima
del rilascio dell’autorizzazione, anche provvisoria, o che comunque in tale ultima ipotesi
non versi in situazione che abbia le caratteristiche dell’estrema urgenza.
Sarà cura dell’Ente effettuare le dovute comunicazioni al Servizio competente del
Dipartimento Lavoro, e al Centro per l’Impiego di appartenenza.
L’Ente di appartenenza è onerato di ridurre proporzionalmente i periodi di riposo
e di malattia spettanti al lavoratore, nonché di comunicare l’effettivo rientro in servizio
dello stesso.
16 – ASSENZE PER INFORTUNIO O MALATTIA PROFESSIONALE
Nel caso di assenze per infortunio o malattia professionale, al soggetto è
corrisposto l’assegno per le giornate non coperte dall’indennità erogata dall’INAIL.
Sarà cura dell’Ente ove il lavoratore presta servizio inoltrare entro le 24 ore
successive all’evento la denuncia al competente Commissariato di P.S. od altra autorità
competente a ricevere la denuncia ed entro le 48 ore successive all’evento la denuncia
all’I.N.A.I.L., annotare l’infortunio sull’apposito registro, dare immediata
comunicazione al Servizio competente del Dipartimento Lavoro, e al Centro per
l’Impiego competente per territorio, qualora l’assenza per infortunio si protragga oltre
il terzo giorno, specificando – ove conosciuta – la data del previsto rientro in servizio.
Qualora la data del previsto rientro non sia conosciuta, l’Ente darà
successivamente comunicazione all’I.N.P.S. dell’avvenuto rientro.
Parimenti dovrà essere comunicata all’I.N.P.S. l’eventuale proroga del periodo prescritto per la prognosi.
17 – PERMESSI BREVI PER MOTIVI PERSONALI
Il lavoratore, per motivi personali, può usufruire di permessi di durata non
superiore alla metà dell’orario di lavoro giornaliero (ore A.S.U.) previa autorizzazione
dell’Ente utilizzatore. Tali permessi non possono superare le 36 ore annue complessive.
Il lavoratore è tenuto a recuperare le ore non lavorate entro il secondo mese
successivo, secondo le modalità fissate dall’Ente utilizzatore.
18 – PERMESSI ORARI RETRIBUITI PER PARTICOLARI MOTIVI PERSONALI O FAMILIARI
Al lavoratore, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le
esigenze di servizio, 12 ore di permesso retribuito nell’anno solare, per particolari
motivi personali o familiari.
Il lavoratore, invece, è tenuto a recuperare eventuali ulteriori ore di permessi.
19 – ASSENZE PER L’ESPLETAMENTO DI VISITE, TERAPIE, PRESTAZIONI SPECIALISTICHE O ESAMI DIAGNOSTICI
Ai lavoratori sono riconosciuti specifici permessi per l’espletamento di visite,
terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici, nella misura massima di 10
ore annuali.
La domanda di fruizione dei permessi è presentata dal lavoratore almeno tre giorni
prima, salvo in casi di particolare e comprovata urgenza o necessità, la domanda
può essere presentata anche nelle 24 ore precedenti.
L’assenza per i permessi è giustificata mediante attestazione di presenza, anche in
ordine all’orario, redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura,
che hanno svolto la visita o la prestazione.
L’attestazione è inoltrata all’Ente utilizzatore dal lavoratore dipendente oppure è
trasmessa direttamente a quest’ultima, anche per via telematica, a cura del medico
o della struttura.
I predetti permessi sono retribuiti al lavoratore e concessi senza recupero, vanno
invece recuperate eventuali ore integrative.
20 – PERMESSI PER LA PARTECIPAZIONE AD ASSEMBLEE SINDACALI
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili può partecipare alle assemblee
delle organizzazioni sindacali fino ad un massimo di dieci ore nell’arco dell’anno,
mantenendo la corresponsione dell’assegno.
Il lavoratore dovrà produrre ogni volta all’Ente di appartenenza l’attestato di
partecipazione alle suddette assemblee.
21 – PERMESSI PER CARICHE SINDACALI
Il lavoratore che rivesta cariche sindacali, sempre che l’organizzazione sindacale
abbia preventivamente comunicalo all’Ente utilizzatore tale condizione, ha diritto a
permessi retribuiti nella misura di 8 ore mensili.
Il lavoratore che intenda fruire di tali permessi deve darne comunicazione scritta
all’Ente utilizzatore, di regola 24 ore prima, tramite l’organizzazione sindacale
I delegati sindacali hanno altresì diritto a permessi non retribuiti nella misura
di 8 giorni nell’arco dell’anno, purché ne diano comunicazione scritta all’ufficio di
appartenenza, di regola tre giorni prima, tramite l’organizzazione sindacale.
22 – SCIOPERO
I soggetti utilizzati in attività socialmente utili hanno diritto di astenersi
dall’attività lavorativa nel caso di sciopero regolarmente indetto dalle organizzazioni
sindacali.
Qualora nella comunicazione di indizione dello sciopero sia indicato solo il
giorno nel quale lo sciopero sarà effettuato e non è specificato il numero delle ore, il
soggetto che aderisca allo sciopero deve assentarsi per l’intera giornata e non può
decidere di aderire allo sciopero solo parzialmente per alcune ore.
Il soggetto che aderisce allo sciopero deve darne tempestiva comunicazione
all’Ente di appartenenza all’inizio dell’orario di lavoro (altrimenti sarà
considerato assente ingiustificato) e non ha diritto all’assegno di utilizzo relativo
alla giornata di sciopero, né può successivamente recuperare le ore relative al giorno
dello sciopero.
Gli Enti sono onerati di comunicare al Servizio competente del Dipartimento
Lavoro, (ai fini della sospensione dell’assegno) e al Centro per l’Impiego competente
per territorio, entro i due giorni successivi allo sciopero, i nominativi che hanno partecipato allo sciopero.
23 – PERMESSI PER L’ESPLETAMENTO DI FUNZIONI PUBBLICHE ELETTIVE O EQUIPARATE, DI GIUDICE POPOLARE, DI
COMPONENTE DI SEGGIO ELETTORALE O DI RAPPRESENTANTE DI LISTA
L’art. 9, comma 3, della legge regionale 5 gennaio 1999 n. 4, pubblicata nella
G.U.R.S. del 9 gennaio 1999, n. 2, rubricata “Integrazione del fondo per i comuni di
cui all’articolo 11 della legge regionale 30 marzo 1998, n.5. Realizzazione di progetti di Utilità
collettiva. Disposizioni finanziarie.” ha esteso ai soggetti utilizzati in attività
socialmente utili il trattamento vigente per i lavoratori che ricoprono cariche elettive
negli enti locali.
Il comma 3 della richiamata normativa recita testualmente: “Ai lavoratori
impegnati nei piani di inserimento professionale, progetti di lavori socialmente utili e
lavori di pubblica utilità, per quanto concerne i permessi e le aspettative ottenibili per
le loro attività istituzionali si applicano le 21 disposizioni vigenti per tutti i lavoratori
che ricoprono cariche elettive negli enti locali, fatte salve le norme che regolano il
trattamento giuridico ed economico, come stabilito dal comma 4, dell’articolo 1 del
decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468.”
Per gli eventuali casi non previsti da tale previsione legislativa, al soggetto
utilizzato in attività socialmente utili vanno riconosciuti i permessi previsti dalla
normativa vigente per l’espletamento di funzioni pubbliche elettive o equiparate alle
stesse (funzionario onorario), nonché di giudice popolare.
Allo stesso modo, si applica quanto previsto dalla normativa vigente ai lavoratori
che in occasione di elezioni svolgono funzioni di presidente di seggio elettorale,
componente o segretario di seggio elettorale ovvero di rappresentante di lista.
Sarà cura del soggetto produrre, a seconda dei casi, adeguata certificazione
all’Ente ove presta servizio.
Le ore d’integrazione possono essere recuperate entro il mese successivo.
24 – PERMESSI PREVISTI DALL’ART. 33 DELLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Come già trascritto al punto 9. Assenze per maternità, l’ultimo comma dell’art.
65 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma
dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”, consente l’erogazione dell’assegno
anche per i permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992.
Presupposto indispensabile per l’applicazione legislativa in ultimo citata, è la
preventiva acquisizione, per il tramite dei soggetti interessati, del verbale della visita
medico legale collegiale prevista dall’art. 4 della legge n. 104/92, dal quale risulti che
il soggetto assistito (figlio o altro soggetto parente o affine entro il terzo grado,
convivente) è persona portatore di handicap in situazione di gravità che necessita
pertanto di assistenza continua permanente e globale.
Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre (o
in alternativa il padre), anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità,
possono chiedere due ore di permesso giornaliero retribuito, a condizione che il
bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati (art. 33, comma
2, legge n. 104/92).
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice
madre (o in alternativa il padre), anche adottivi, di minore con handicap in situazione
di gravità, nonché coloro che siano affidatari o assistano persone con handicap in
situazione di gravità (parente o affine entro il terzo grado) hanno diritto a tre giorni di
permesso retribuito mensili fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la
persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno (art. 33,
comma 3).
Alle lavoratrici impegnate per sole 20 ore settimanali tali permessi possono
essere riconosciuti nella misura minima di un’ora per ciascuna giornata in cui le stesse
prestano la propria attività in base all’orario di servizio predisposto dall’Ente di
appartenenza, a prescindere dal numero di ore lavorative giornaliere.
Di tali permessi può usufruire anche il lavoratore (o la lavoratrice) che risulti
“persona handicappata in situazione di gravità”.
La richiesta per fruire di tali permessi e la relativa documentazione devono essere
presentate dal soggetto all’Ente ove presta servizio per la relativa autorizzazione.
Il soggetto che usufruisce di uno dei benefici sopra descritti, può recuperare
eventuali ore di integrazione entro il mese successivo.
Il suddetto lavoratore ha altresì diritto ad indicare la sede di lavoro più vicina al
proprio domicilio. L’eventuale diniego dovrà essere adeguatamente motivato.
Non sono applicabili ai lavoratori A.S.U. le altre disposizioni di cui all’art. 33
della legge n. 104/92.
“Il comma 5 del suddetto art. 65, nello stabilire che l’assegno per A.S.U. è
erogato anche per i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 104/92, anche ai
sensi di quanto previsto all’art. 42, commi 2, 3 e 6 del citato D. Lgs. 151/2001, non
introduce invece alcuna distinzione tra lavoratori a tempo pieno e non a tempo pieno.
Se ne deduce, pertanto, l’applicabilità, senza riduzione dell’assegno, a tutti i
lavoratori socialmente utili, che richiedano i permessi di cui sopra in analogia
all’applicazione generalizzata del diritto al congedo di maternità e di paternità. Le
domande di permessi in favore delle persone handicappate, nonché la relativa
documentazione, pertanto, non dovranno essere inoltrate all’INPS.
Si fa presente, infine, che il citato art. 65 prevede esplicitamente, al comma 2,
che gli oneri relativi sono a carico del Fondo per l’occupazione (l’intervento,
generalmente, ora è di competenza delle Regioni), salvo che l’attività socialmente utile
sia finanziata da altro soggetto, a cui vanno in tal caso addebitati, tramite rendiconto,
i pertinenti oneri. In proposito si rinvia alle istruzioni fornite con Circolare INPS 10
luglio 2003 n. 671 – Assenze per maternità e riposi per allattamento.”
Il lavoratore può usufruire dei benefici di cui sopra anche nel caso in cui
l’assistito non è con esso convivente (art. 33, comma 5, modificato dall’art.19 della legge
53/00). Qualora sussista la condizione per la quale il lavoratore assista più persone
handicappate gravi, può essere riconosciuta allo stesso, dietro sua esplicita richiesta, la
possibilità di cumulare più permessi, sempre nel limite massimo di tre giorni per ogni
familiare, parente o affine entro il terzo grado.
Al lavoratore portatore di handicap grave, che fruisca dei benefici previsti per la
propria condizione e che sia. contemporaneamente, familiare di persona handicappata
grave, possono essere riconosciuti, dietro sua esplicita richiesta, ulteriori giorni di
permesso, sempre nel limite massimo di tre giorni per ogni familiare, parente o affine
entro il terzo grado
Il lavoratore che fruisce dei giorni di permesso di cui sopra, dovrà goderne entro
il mese e non sono previsti recuperi o accumuli.
25 – PERMESSI RETRIBUITI PER L’IMPIEGO DEI VOLONTARI NELLE  ATTIVITÀ’ DI PROTEZIONE CIVILE
In risposta ad un apposito quesito rivolto dal Comune di Palermo, la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (rif. nota 23 gennaio
2003 prot. n. DPC/VRE/0003426), ha espresso l’avviso che il rimborso della giornata
lavorativa, previsto nell’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio
2001, n. 194 costituente il “Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione
delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile” in favore del datore
di lavoro, è applicabile anche nel caso che trattasi di lavoratori socialmente utili
impiegati quali volontari nelle varie attività fissate dalla citata normativa.
Quanto testé indicato, secondo il parere reso, discende dall’applicazione del
principio di uguaglianza sancito nell’art. 3 della Costituzione; il Dipartimento della
Protezione Civile ritiene che tutti i lavoratori devono poter godere dei medesimi diritti
riconosciuti dalla Costituzione, tra questi il diritto di poter aderire liberamente, qualora
si voglia, ad organizzazioni di volontariato e di partecipare attivamente alle attività di
pianificazione, soccorso, simulazione nelle quali sono impiegate le stesse
organizzazioni, principio che è stato ritenuto discendere direttamente dalla libertà di
associazione garantita e tutelata dall’art. 18 della Costituzione.
Tali prerogative promuovono la partecipazione di tutti i cittadini alle attività di
volontariato, in modo da evitare che tale decreto sia causa di discriminazioni fra i
cittadini, a causa della loro condizione lavorativa.
Conclusivamente, il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha ritenuto
che sono rimborsabili anche per gli Enti che utilizzano tale personale, gli assegni
corrisposti ai medesimi nel caso che vengano impiegati quali volontari.
Sulle modalità applicative si rinvia al testo normativo del D.P.R. n.194/2001.
26 – PERMESSI AI SOGGETTI IN PARTICOLARI CONDIZIONI PSICO-FISICHE
Allo scopo di favorire la riabilitazione ed il recupero dei soggetti nei confronti
dei quali sia stata attestata da una struttura sanitaria pubblica o da strutture, associative
convenzionate previste dalle leggi vigenti, la condizione di persona soggetta ad effetti
di tossicodipendenza, alcolismo cronico o grave debilitazione psico–fìsica e che si
impegnino a sottoporsi ad un progetto terapeutico di recupero o di riabilitazione
predisposto dalle strutture medesime sono concessi permessi giornalieri orari retribuiti
nel limite massimo di due ore e l’assegnazione dello stesso a compiti diversi da quelli
abituali, quando tale misura sia individuata dalla struttura che gestisce il progetto di
recupero come supporto della terapia in atto.
I lavoratori per i quali sia accertato lo stato di tossicodipendenza e/o assimilati e
che intendono accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi
sanitari dell’ASP o di altre strutture terapeutico riabilitative e socio – assistenziali che
non consentono loro di prestare l’attività lavorativa, al fine della permanenza negli
elenchi delle attività socialmente utili, devono presentare istanza di sospensione,
allegando idonea documentazione, da cui risulti – tra l’altro – la durata del programma.
La richiesta di sospensione deve essere presentata all’Ente ove il lavoratore presta
sevizio per la relativa autorizzazione.
Ovviamente, il soggetto, cui venga autorizzata la sospensione, continuerà a
percepire l’assegno di utilizzo fino alla data del suo rientro in servizio, coerentemente
alle finalità previste dall’articolo 8 comma 11 del D. lgs n. 468/97.
In mancanza di idonea documentazione, il soggetto sarà considerato assente
ingiustificato e passibile di esclusione dall’utilizzo in attività socialmente utili.
Il soggetto che fruisca della sospensione può rientrare in servizio solo previa
autorizzazione dell’Ente. Sarà cura dell’Ente dare comunicazione, dell’effettiva data di
rientro in servizio dello stesso soggetto, al Servizio I del Dipartimento Regionale del
Lavoro e al Centro per l’Impiego competente per territorio.
27 – DOVERI DEL SOGGETTO UTILIZZATO IN ATTIVITÀ’ SOCIALMENTE UTILI
Il soggetto utilizzato in attività socialmente utili ha il dovere di conformare ed
adeguare il proprio comportamento in modo da garantire il buon andamento e
l’efficienza dell’attività socialmente utile cui è stato destinato.
Nell’espletamento della propria attività ha il dovere di
1. tenere un contegno adeguato all’utenza del servizio cui è assegnato;
2. rispettare l’orario di lavoro e le indicazioni fornite dai suoi responsabili
con particolare riferimento alle disposizioni di natura formale ( firma dei
registri di presenza, tempestive comunicazioni per assenze, malattie o
altro) ;
3. assicurare la diligenza necessaria per il conseguimento degli scopi
assegnategli e per la salvaguardia dell’interesse dell’Ente utilizzatore;
4. assicurare la diligenza nei confronti dell’utenza, dei superiori e dei colleghi
garantendo l’indispensabile rapporto fondato su principi di buona fede,
lealtà e correttezza.
5. rispettare le prescrizioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro rivolte
alla salvaguardia ed alla tutela della propria ed altrui salute o incolumità,
6. indossare ed utilizzare gli strumenti all’uopo forniti dall’Ente secondo le
indicazioni impartite dai Responsabili;
7. assicurare l’imparzialità di trattamento nei confronti di tutti i soggetti con
i quali, per ragioni d’ufficio, viene a contatto sia essa utenza esterna od
interna;
8. rispettare le regole della civile convivenza, improntando ogni
manifestazione della propria condotta secondo principi di buona
educazione e rispetto del prossimo, in ciascun momento dell’attività
lavorativa e su tutti gli aspetti della vita di relazione e di comunicazione
mediante l’appropriato utilizzo di comportamenti, gesti, parole, scritti, etc.,
idonei a non recare offese all’altrui dignità;
9. mantenere la massima riservatezza sugli atti d’ufficio di cui venga a conoscenza.
28 – SANZIONI DISCIPLINARI
Le sanzioni disciplinari che possono essere irrogate ai lavoratori socialmente utili
seconda della gravità dell’infrazione commessa sono:
– la sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero orale alla censura scritta
– la sanzione della multa di importo pari a 4 ore di retribuzione ;
– la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
dell’assegno fino ad un massimo di 10 giorni;
– la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
dell’assegno da 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi;
– la decadenza e cancellazione dagli elenchi delle attività socialmente utili.
Avverso la sanzione disciplinare applicata, il soggetto può presentare ricorso
entro 30 giorni dalla notifica secondo gli ordinamenti dei singoli Enti.
Le sanzioni disciplinari che possono essere irrogate a seconda della gravità
dell’infrazione commessa sono: il rimprovero verbale, il rimprovero scritto, multa di
importo non superiore a quattro ore di retribuzione, sospensione dell’assegno e dal
lavoro fino ad un massimo di trenta giorni.
A ) Le sanzioni disciplinari che vanno dal rimprovero orale alla censura
scritta si applicano di norma per:
♦ Inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in materia di assenze per malattia;
♦ Inosservanza dell’orario di lavoro;
♦ Allontanamento dal luogo di lavoro senza previa formale autorizzazione del
Responsabile;
♦ negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni
mobili o strumenti a lui affidati o sui quali, debba espletare attività di custodia o
vigilanza;
♦ insufficiente rendimento, rispetto ai carichi di lavoro e, comunque,
nell’assolvimento dei compiti assegnati;
♦ abbandono temporaneo e senza giustificato motivo dell’attività;
♦ Condotta non conforme ai principi di correttezza verso i responsabili del servizio,
altri dipendenti o nei confronti del pubblico;
♦ Uso, per ragioni che non siano connesse allo svolgimento delle attività
socialmente utili, dei locali, mobili, macchinari, attrezzi, strumenti e automezzi di
proprietà dell’Amministrazione ovvero la mancata cura e/o custodia degli stessi, ove
affidati;
♦ L’introduzione di persone estranee all’Ente in locali non aperti al pubblico, senza
preventiva autorizzazione;
♦ Mancata comunicazione del cambio di residenza e, qualora non coincidente, della
dimora temporanea;
♦ Violazione delle norme in materia di privacy;
♦ Mancata o non tempestiva comunicazione del motivo dell’assenza all’inizio
dell’orario di lavoro del giorno in cui la stessa si verifica, anche nel caso di eventuale
prosecuzione dell’assenza, salvo comprovato impedimento;
♦ Inosservanza dell’obbligo di recapitare la certificazione medica entro i due giorni
successivi all’inizio o all’eventuale prosecuzione dell’assenza per motivi di salute,
salvo comprovato impedimento;
♦ Mancata comunicazione preventiva dell’allontanamento dal domicilio dichiarato,
durante i giorni di assenza per malattia, anche se domenicali o festivi, nella fascia
oraria dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00, tranne che per
gravi ed urgenti motivi da documentare;
♦ Violazione dei doveri di comportamento non ricompresi in quelli elencati, ma di
analoga entità, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo
all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi.
B ) La sanzione disciplinare della multa da 1 a 4 ore di retribuzione si applica
di norma per:
♦ Inosservanza delle procedure previste per la rilevazione delle presenze;
♦ Inosservanza delle norme in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza
in ambiente di lavoro;
♦ Negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, ovvero mancato svolgimento
degli stessi secondo le disposizioni ricevute, negligenza nella cura dei locali e beni
mobili o strumenti nei confronti di quali debba espletare attività di custodia e
vigilanza ;
♦ Comportamenti non consoni ai doveri d’ufficio, determinati da stati di alterazione
psichica per cause volontarie imputabili al dipendente;
♦ Arbitrario svolgimento, durante le ore lavorative, di occupazioni per interessi
privati estranei ai compiti connessi alle attività socialmente utili e all’interesse
dell’Ente;
♦ Condotta non conforme ai principi deontologici di lealtà, correttezza e buona fede
verso i dipendenti preposti alle attività socialmente utili o gli altri lavoratori o nei
confronti degli utenti o terzi;
♦ Violazione dei doveri di comportamento non ricompresi in quelli precedenti, di
analoga entità, da cui sia derivato disservizio nello svolgimento delle attività
socialmente utili ovvero danno o pericolo all’Ente, agli utenti o ai terzi;
♦ Recidiva nelle mancanze previste alla lett. A), che abbiano comportato,
nell’ultimo biennio, l’applicazione del rimprovero scritto;
♦ compimento di atti di insubordinazione nei confronti dei responsabili dell’attivita;
♦ tenuta di un comportamento scorretto nei confronti delle persone o
danneggiamento di cose e materiali di proprietà dell’ente.
♦ Rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio
dell’Ente, nel rispetto di quanto analogicamente previsto dallo Statuto dei lavoratori
in materia di visite personali di controllo sul lavoratore.
C) La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione fino a un massimo di 30 gg. graduando l’entità della sanzione si
applica di norma per:
♦ Recidiva nelle mancanze previste dalla lett. B), che abbiano comportato
l’applicazione del massimo della multa;
♦ Particolare gravità nelle mancanze previste alla lett. B ;
♦ Assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni consecutivi lavorativi o
arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata
in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono delle attività socialmente utili,
al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del lavoratore,
agli eventuali danni causati all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi;
♦ Ingiustificato ritardo a trasferirsi nella sede assegnata con disposizione di servizio;
♦ Timbratura del cartellino di presenza al posto di altro lavoratore ovvero
manomissione di documenti di presenza;
♦ Rifiuto ingiustificato di eseguire i compiti formalmente assegnati;
♦ Svolgimento di attività che ritardino il recupero psico – fisico durante lo stato di
malattia o di infortunio;
♦ Testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa;
♦ Comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei
confronti di altri lavoratori, degli utenti o comunque di terzi;
♦ Svolgimento di altre attività lavorative, durante l’orario di servizio, estranee
all’interesse dell’Ente;
♦ Alterchi con ricorso alla violenza fisica negli ambienti di lavoro, anche con utenti
o terzi;
♦ Manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Ente, salvo che siano espressione
della libertà di pensiero, ai sensi della libertà d’opinione sancita dallo Statuto dei
lavoratori;
♦ Atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità
della persona;
♦ Violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente in quelli
precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno o pregiudizio
all’Amministrazione, agli utenti o a terzi.
♦ sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che
assumano forte di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un
altro dipendente;
♦ rifiuto reiterato ad eseguire il lavoro assegnatogli.
D) La sanzione disciplinare della decadenza e cancellazione dagli elenchi della
attività socialmente utili si applica di norma per
♦ mancata ripresa del servizio nel termine prefissato dall’ente quando l’assenza
arbitraria ed ingiustificata si sia protratta per un periodo superiore a quindici
giorni;
♦ continuità, nel biennio, dei comportamenti rilevati attestanti il perdurare di una
situazione di insufficiente rendimento o fatti, dolosi o colposi, che dimostrino
grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;
♦ recidiva nel biennio, anche nei confronti di persona diversa, di sistematici e
reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori e di forme di violenza
morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di
procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto
lavorativo;
♦ recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale,
che siano lesivi della dignità della persona;
♦ condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori dal servizio e
non attinente in via diretta all’attività espletata, non ne consenta la prosecuzione
per la sua specifica gravita;
♦ violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle
lettere precedenti di gravita tale secondo i criteri di cui all’art. 8, da non consentire
la prosecuzione del rapporto di lavoro;
♦ reiterati comportamenti ostativi all’attività ordinaria dell’ente di appartenenza e
tali da comportare gravi ritardi e inadempienze nella erogazione dei setvizi agli
utenti;
♦ per gravi delitti commessi in servizio;
♦ ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’ente per riconosciute e
motivate esigenze di servizio;
♦ timbratura del cartellino di presenza al posto di altro lavoratore, ovvero,
manomissione dei documenti di presenza;
♦ violazione dei doveri di comportamento, non ricompresi specificatamente nelle
lettere precedenti, di gravita tale da non consentire la prosecuzione dell’utilizzo in: attività socialmente utile.
29 – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
L’Ente non può adottare alcun provvedimento disciplinare senza previa
contestazione scritta dell’addebito al lavoratore, da effettuarsi tempestivamente e
comunque non oltre 20 giorni da quando tale Ufficio è venuto a conoscenza del fatto.
Il lavoratore, entro 5 giorni dalla notifica della contestazione, può presentare
giustificazione scritta e/o chiedere di essere ascoltato dalla Commissione di Disciplina.
Il procedimento disciplinare deve concludersi con l’applicazione della sanzione
o con l’archiviazione entro 120 giorni dalla data della contestazione d’addebito.
Qualora non sia portato a termine entro tale data, il procedimento disciplinare si
estingue.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni
dalla loro applicazione.
Nel caso di lavoratori condannati con sentenza penale definitiva, il procedimento
disciplinare deve essere avviato, o in caso di intervenuta sospensione proseguito, entro
il termine di 90 giorni da quando l’Amministrazione viene a conoscenza della sentenza
e concluso entro 180 giorni dall’inizio o dal proseguimento dello stesso.
II procedimento disciplinare è concepito a garanzia del corretto esercizio del
potere disciplinare; esso deve svolgersi nel rispetto dei seguenti principi:
• pubblicità delle infrazioni;
• preventiva contestazione degli addebiti al lavoratore; diritto alla difesa,
contraddittorio;
• obbligatorietà dell’azione disciplinare;
• tempestività;
• tassatività delle sanzioni e gradualità delle stesse.
II procedimento si articola in tre fasi imprescindibili:
• fase della contestazione scritta dell’addebito al dipendente interessato;
• fase dell’istruttoria del contraddittorio;
• fase dell’archiviazione o irrogazione della sanzione.
• Gli organi competenti all’esercizio dell’azione disciplinare sono:
• il dirigente responsabile della struttura;
• l’ufficio per i procedimenti disciplinari, secondo le procedure proprie degli enti
utilizzatori .
30 – DECADENZA DALLE ATTIVITÀ’ SOCIALMENTE UTILI
Riguardo alla disciplina sanzionatoria, come precisato dal MLPS nella circolare n.
35/2016, deve ritenersi immediatamente applicabile la disciplina sanzionatoria prevista
per la NASPI. Questo al fine di evitare vuoti normativi conseguenti all’abrogazione (ai
sensi dell’art. 34, comma 2 del decreto legislativo 19 settembre 2015, n. 150) dei commi
40 e 45 dell’art. 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92 che seppure riferita in via generale
alle prestazioni di natura previdenziale/assistenziale trova applicazione anche per i
soggetti utilizzati in attività socialmente utili.
Si richiamano dunque gli articoli 7 e 11 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22
e dell’articolo 21, commi 7, 9, 10, 11, 12 e 13 del decreto legislativo 19 settembre 2015,
n. 150 che individuano le fattispecie sanzionabili, i soggetti competenti ad adottare i
relativi provvedimenti e le disposizioni procedurali.
Sono pertanto da ritenere superate le disposizioni normative previste sotto i profilo
sanzionatorio ad es. dall’art. 9 del D.Lgs 81/2000 .
31 – ADEMPIMENTI DEI RESPONSABILI DEGLI UFFICI
Gli Enti utilizzatori, nell’ambito del proprio assetto organizzativo, impartiranno le disposizioni necessarie ai Responsabili delle proprie strutture affinché venga assicurato
il regolare svolgimento delle attività socialmente utili.
Per tutti gli istituti non presi in considerazione dalla presente disciplina di utilizzo, si rinvia a quanto previsto dalla normativa vigente in materia.

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